‘Love Revolution’: i Beatbox scatenano il Teatro Nuovo di Milano
Memorie di uno show in puro stile sixsties ed un'intervista esclusiva a Riccardo Bagnoli 'alias' Paul McCartney.
Giorno 1 ottobre Cube Magazine ha avuto il piacere di assistere all’esclusiva data del ‘Love Revolution Show’ al Teatro Nuovo di Milano; protagonisti della serata i Beatbox, italianissima Beatles cover band, la più riconosciuta ed amata, a livello europeo.
A dare vita a questo progetto, quattro musicisti dal curriculum più che nobile: Alfio Vitanza (Ringo Starr), Mauro Sposito (John Lennon), Riccardo Bagnoli (Paul McCartney) e Guido Cinelli (George Harrison); vantano collaborazioni con i grandi nomi del pop italiano (Antonello Venditti, Anna Oxa, Eugenio Finardi, New Trolls, Dario Baldan Bembo e molti altri).
‘Love Revolution’ non è un semplice tributo ai Beatles, è uno show capace di far rivivere l’energia ed il fascino che caratterizzano il mitico quartetto di Liverpool, che incanta da generazioni.
Per ricreare l’atmosfera sixtes passando per quella del ‘flower power’, nulla può, ovviamente, essere lasciato al caso: dalla strumentazione, identica a quella usata dai Beatles nei loro storici concerti (Cavern Club, Shea Stadium, per citarne solo alcune), ai vestiti, confezionati su misura dalla stessa sartoria che li creò per la tournée americana dei Fab Four.
Il pubblico del Teatro Nuovo di Milano si caratterizza per la sua eterogeneità, dai veterani nostalgici (presenti anche alcuni woodstockiani) ai neofiti che si professano quasi più esperti dei primi.
Entrambe le categorie, però, sono accomunate dalla verve con la quale si scatenano al ritmo di ‘Twist and Shout’, ‘Hey Jude’ e molti altri brani, ormai diventati cult, della band.
Quattro chiacchiere con Paul…
Cube Magazine: Come sono nati i Beatbox?
Riccardo Bagnoli: I Beatbox sono nati da un’idea di Ringo (Mauro Sposito) e di John (Alfio Vitanza) che hanno visto in giro per il mondo delle cover band dei Beatles, si sono innamorati del progetto ed hanno cercato in giro per l’Italia gli altri due elementi, trovando quindi il George e poi me, Paul.
Abbiamo cercato di metter su inizialmente il repertorio che va dal ’62 al ’66, quando i Beatles suonavano solamente dal vivo; poi, essendo il repertorio così vasto, abbiamo sentito l’esigenza, sia noi musicisti sia il pubblico che assisteva ai nostri live, di ampliare il repertorio e di portare alla luce tutte le canzoni soltanto registrate in studio e mai realizzate live che fanno parte del repertorio che va dal ’67 al ’70, che sono quelle che proponiamo nello spettacolo ‘Love Revolution’.
CB: Qual’è il periodo beatlesiano che personalmente ti è più caro?
RB: Sicuramente il periodo ’62-’66; i primi album, ad esempio ‘Please, Please Me’, ‘Beatles for Sale’, perché sono le prime cose che ho ascoltato dei FabFour.
Da musicista, invece, sono più appassionato della seconda parte perché è più completa a livello armonico, magari meno semplice della prima ma più al passo con i tempi.
CB: Progetti futuri?
RB: Esportare il più possibile questo show all’estero ed in tutti i teatri più belli d’Italia.