La Recensione di ’13’ – Black Sabbath
Cube Magazine ha ascoltato per voi l'ultimo album dei Black Sabbath '13', tornati in formazione originale, uscito lo scorso 10 Giugno.
Data di Uscita: 10 Giugno 2013
Etichetta: Vertigo / Republic
Singoli: ‘God Is Dead?’
Ozzy Osbourne ha più volte detto che questo ‘13‘ sarebbe potuto essere l’album più importante di tutta la sua carriera. E con una discografia leggendaria, come quella che precede questo ‘13‘, sia con i Black Sabbath che con la sua carriera solista, l’affermazione di Ozzy non si può certo prendere alla leggera. Questo ’13’ forse non è il più grande album che può essere associato al nome di Ozzy, fatto sta che oggettivamente è un successo per tutti i Black Sabbath.
’13’ è stato certamente uno degli album metal più attesi di questo 21esimo secolo, peculiarità dovuta anche al fatto che solo 19 mesi fa, i Black Sabbath avevano annunciato al mondo intero la storica reunion in line up quasi originale.
L’abbandono del progetto da parte del batterista Bill Ward ed il cancro che ha colpito il chitarrista Tony Iommi sembra quasi abbiano trattenuto i Sabbath. Tuttavia, la malattia non ha certo fermato Iommi nella composizione delle canzoni, con questa chitarra super limpida rivolta verso virtuosismi ed assoli.
L’album viene introdotto da ‘End of the Beginning’, una traccia davvero solida che rievoca la canzone ‘Black Sabbath’. Il riff introduttivo che si allunga per quasi tre minuti, non colpisce sin da subito. Il resto della canzone – lunga ben 8 minuti – sembra molto trattenuta. Subito dopo irrompe nel disco la maestosa ‘God is Dead?‘, che si avventura in un territorio più pesante, con reminescenze verso gli anni ’70. In grande evidenza è il tono di basso di Geezer Butler ben supportato dalla batteria di Brad Wilk. Un pezzo, non a caso, scelto come singolo apripista che porta il marchio di fabbrica di casa Black Sabbath.
Richiama i vecchi classici l’energico midtempo di ‘Loner’ mentre rimane di grande impatto emozionale ‘Zeitgeist’, l’unica ballata del disco, una ballata in pieno stile Sabbath, con la voce distorta di Ozzy che domina la scena. Di grande carattere è ‘Live Forever’, un pezzo in cui l’apporto di Ozzy è davvero fondamentale, supportato egregiamente dalla consolidata abilità di Iommi. ‘Damaged Soul’, dai richiami blues, e la conclusiva ‘Dear Father’ chiudono l’album in una maestosa cavalcata metal, in crescendo.
Insomma, questo ‘13′ non rasenterà la perfezione, ma è davvero un buon album, anche se qualche purista potrebbe sostenere che l’apporto di Rick Rubin dietro al mixer abbia inaridito le canzoni. Le canzoni, sebbene di una durata non indifferente, sono solide, la composizione è ottima, ma è forse questo suono troppo “pulito” che snatura il disco dai loro autori.
Nonostante questo, i fans hanno dato il loro giudizio, lanciandolo direttamente in cima alle classifiche di tutto il mondo, dopo un attesa lunga quasi 35 anni. Ozzy, Tony e Geezer sono tornati ed insieme ad uno dei più grandi batteristi del momento, hanno dato vita a questo disco, che non ha la pretesa di tornare indietro nel tempo, ma di chiudere un ciclo interrotto con ‘Never Say Die‘.
Tracklist:
1. End of the Beginning
2. God Is Dead?
3. Loner
4. Zeitgeist
5. Age of Reason
6. Live Forever
7. Damaged Soul
8. Dear Father