Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2: recensione
Leggi la nostra recensione del film Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 2, ultimo capito della saga sul mago più amato al mondo.
Anno: 2011
Genere: fantasy, azione
Durata: 130′
Nelle sale italiane dal 13 luglio 2011
Regia: David Yates
Sceneggiatura: Steve Kloves
Interpreti Principali: Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint, Helena Bonham Carter, Bonnie Wright, Alan Rickman, Tom Felton, Ralph Fiennes, Gary Oldman, Maggie Smith
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2: recensione
Ogni saga ha una conclusione. E, come dice la locandina del film, tutto finisce qui. Perché persino per il mago più amato dai lettori di tutto il mondo, è giunto il momento di salutare i suoi fan e concludere questa avventura durata 10 anni. Anche a livello cinematografico, i fan di Harry Potter sono tantissimi e attraverso gli 8 film della saga, hanno vissuto insieme a lui, Ron ed Hermione, la difficile caccia al mago oscuro più temibile di tutti i tempi, Voldemort. E finalmente siamo giunti al faccia a faccia finale, al compimento della profezia, in uno scenario di tensione e battaglie mozzafiato tra le torri di Hogwarts.
Naturale seguito della prima parte, uscita nei cinema lo scorso novembre, I doni della morte parte 2, racconta dell’arrivo di Harry Ron e Hermione a Hogwarts dove, dopo aver cercato e distrutto quasi tutti gliHorcrux, ossia le parti di anima di Voldemort che lui stesso aveva incantato in vari oggetti, troveranno gli ultimi due per poi combattere con tutti i propri amici e cari contro i Mangiamorte di “Colui che non deve essere nominato”, in uno scontro finale al cardiopalma, dove non mancano commoventi rivelazioni, lutti inaspettati e sicuramente tante emozioni.
Il film, come i precedenti, segue la storyline del libro, anche se per molti particolari, purtroppo anche significanti per la comprensione del finale della storia, se ne discosta, creando scene che certamente gli amanti del libro non avranno apprezzato. Perdonando questo, però, David Yates, regista dei film sul maghetto da “L’Ordine della Fenice”, ha creato il giusto mix di tensione e azione attraverso scene senza musiche di sottofondo nella prima parte di film, in modo che il tempo sembri dilatato e al tempo stesso insufficiente, creando nello spettatore un carico di ansia empatico verso Harry Potter, che si sta preparando per affrontare il momento che teme da tutta la vita. L’intero film, come molti dei precedenti, ha ambientazioni cupe, con un filtro immagine sempre tendente al blu scuro e azzurro, per dare l’idea di qualcosa di freddo, di pauroso. Ottimi la fotografia e la cura degli effetti speciali mai scontati e sempre realistici anche durante le battaglie con incantesimi ed esplosioni. Fin dall’inizio della pellicola, le ampie panoramiche dall’alto di Hogwarts danno allo spettatore l’idea del cambiamento avvenuto nel tempo; se infatti idealmente si potesse montare la sequenza di panoramiche del castello negli ultimi film, si noterebbe la differenza tra il prima e il dopo, quando i Mangiamorte si impadroniscono della scuola di magia, e rendono Hogwarts un luogo in cui crescere i propri adepti.
Sicuramente molto evidente in questo ultimo capitolo della saga, è il parallelismo che la scrittrice J.K. Rowling attua tra Voldemort con le sue idiologie elitarie e i regimi totalitaristi e dittatoriali. Specialmente è facile accostare le idee di creare una stirpe di sangue puro di maghi a quelle ariane di Hitler. Voldemort, infatti, vuole purificare la razza magica sottomettendo i babbani (i nati senza magia) arrestando e torturando coloro dal sangue non puro. Per tutta la saga, di carta e di pellicola, questa allegoria si è potuta avvertire, ma negli ultimi capitoli, “Il Principe mezzosangue” e entrambi “I doni della morte” è palesata l’idea della scrittrice di raccontare, in chiave moderna e fantastica, l’ascesa del Nazismo.
Un altro aspetto che colpisce un occhio più attento, è la trasformazione che avviene in Voldemort man mano che gli Horcrux contenenti i pezzi della sua anima, vengono distrutti. Si possono infatti notare i suoi occhi che da freddi e serpentini all’inizio della prima parte dei I doni della morte, diventano sempre più umani, fino ad arrivare a una delle scene finali in cui sono pieni di lacrime e si avverte in lui la paura e la consapevolezza che non sia più scontata la sua vittoria.
Un complimento particolare va a Alan Rickman, che con la sua interpretazione di Severus Piton, dona alla scena finale del personaggio, ossia il racconto della sua storia attraverso i ricordi nel Pensatoio, un’intensità emotiva e carica di pathos che sicuramente rapisce lo spettatore, trasmettendo una grandissima commozione che, sicuramente, per i più avrà causato anche qualche lacrima.