Amy: il docu-film sulla storia di un’icona assoluta dei nostri tempi – recensione
La recensione di Amy - The girl behind the name, atteso docu-film sulla vita travagliata di Amy Winehouse.
Fa un certo effetto vedere e conoscere in profondità la storia di una persona attraverso momenti di vita vissuta o ascoltando quello che pensano i parenti e gli amici più stretti. Ci sembra di essere quasi invadenti, oltrepassando la soglia tra la vita pubblica e privata ma nel caso di Amy Winehouse è stato utile soprattutto capire come sia possibile morire in quel modo.
Amy Winehouse: il docufilm che celebra la vita dell’artista
Amy – The girl behind the name è il titolo dell’atteso docu-film del regista inglese Asif Kapadia, già presentato fuori concorso al Festival di Cannes, che sarà nelle sale italiane il 15, 16 e 17 settembre. La ragazza dietro al nome, si perché Amy è stata una vera icona dei nostri tempi, una delle voci femminile più apprezzate della storia della musica ma prima di tutto, una ragazza semplice cresciuta nella periferia nord di Londra e diventata presto un fenomeno. Molto presto, forse troppo.
Due ore di un film dedicato alla tormentata voce di Black To Black: non è la storia vista su tutti i media ma è quella reale, raccontata dai testi e le parole della stessa cantante e dalle testimonianze di chi le è stato più vicino. Asif Kapadia è noto per l’impatto visivo dei suoi film ed ha sempre lavorato cercando di esplorare la vita di “outsiders” ovvero i personaggi senza tempo. Il suo ultimo lavoro è proprio un documentario del 2010 intitolato Senna, la storia dell’osannato pilota di Formula Uno.
E’ la storia di una persona che vuole essere amata, – dice il regista – che ha bisogno di amore e non sempre lo riceve. Era una ragazza complessa e intelligente, Amy è un film sull’amore.
Amy Winehouse: recensione del docufilm
Ad affiancare Kapadia, c’è il produttore James Gay-Rees, il montatore Chris King e il compositore Antonio Pinto. Tutti hanno concordato sul filo conduttore del documentario: i testi. Infatti la spina dorsale del film sono le parole della cantante, più volte fatte scorrere sullo schermo perché la narrazione si sviluppa interamente attorno alle canzoni.
I testi di Amy Winehouse erano sempre molto personali e con questo film ci si rende conto di come possano mostrare l’animo complesso di una grande artista. Scriveva e suonava per motivi del tutto personali, forse perché era una sorta di elemento catartico, una maniera per alleviare il dolore oppure una terapia attraverso cui riusciva ad elaborare emozioni difficili. La sua scrittura è stata sicuramente una delle più grandi rivelazioni.
Il filo narrativo di Amy – The girl behind the name si snoda nelle circa cento interviste ai parenti, gli amici, manager e musicisti. Sullo schermo si alternano immagini di repertorio e filmati inediti ma anche interviste audio come quella al primo manager della Winehouse, il suo amico, poco più grande di lei, Nick Shymansky. Ci sono anche Juliette Ashby e Lauren Gilbert, amiche di vecchia data, il padre Mitch Winehouse, il fidanzato e poi marito Blake Fielder, figura chiave attorno a cui ruota gran parte dell’inquietudine della cantante.
Per tutta la durata del film, le interviste si mescolano alle immagini facendo emergere i diversi aspetti della vita dell’artista: si parla del successo, dell’alcolismo, dei problemi con le droghe e poi gli antidepressivi, il divorzio dei genitori, il matrimonio travagliato, ma non mancano i concerti più emozionanti, i premi e i periodi di disintossicazione che facevano vedere una Amy Winehouse più radiosa e felice della sua musica.
L’universo emotivo dell’artista blues è dipinto in tutte le sue sfaccettature, rendendo umana e carica di empatia una delle figure più complesse e travagliate dei nostri tempi. In fondo, “è solo la storia di una persona che vuole essere amata e che ha bisogno di amore ma non sempre lo riceve”.